Sergio Dalmasso storico del movimento operaio. QUADERNI CIPEC e Altri Scritti
  

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A chi ha votato il terzo documento congressuale del PRC (congresso 2008)  Aprile 2010   Torna alle categorie

A chi ha votato il terzo documento congressuale del PRC (congresso 2008)

A chi ha votato il terzo documento congressuale del PRC (congresso 2008)

 

Ho presentato le dimissioni dalla carica di componente del CPN, carica cui sono stato eletto all’ultimo congresso nazionale (Chianciano, luglio 2008).

Ho sempre partecipato alle riunioni del CPN, intervenendo in alcuni casi.

La ritengo una esperienza interessante, avendo fatto parte di questo organismo solamente in un'altra occasione, dal 1994 al 1996. La partecipazione al congresso, come componente della commissione politica, e ad otto riunioni del CPN mi hanno permesso di comprendere posizioni, meccanismi, dinamiche (anche quelle discutibili) che conoscevo solo indirettamente.

Le dimissioni nascono da questioni personali: dopo cinque anni vissuti prevalentemente a Torino, con la carica di consigliere regionale, rientro in provincia di Cuneo e (anche se forse per breve tempo) a scuola. Penso di dare una mano alla piccola federazione locale e di riprendere un poco di lavoro politico- culturale (associazioni, circoli, pubblicazione di quaderni di storia) che ho svolto per lungo tempo e sostanzialmente interrotto nell’ultimo periodo . La lontananza e la mancanza di servizi di trasporto decenti mi rendono difficili (esistono anche problemi di spese che non posso caricare sulla federazione) viaggi, spostamenti

Si aggiungono, però, a queste, motivazioni politiche che mi permetto di esporre, anche se vi sembreranno banali e parziali.

Ho votato Sinistra critica al congresso del 2005, nella convinzione del riprodursi di rischi e crisi in caso di partecipazione al governo e come critica ad una gestione personalistica e non partecipativa del nostro partito.

Ho condiviso le posizioni di Sinistra critica nel periodo maggio 2006 (governo Prodi) autunno 2007, ma ho sempre ritenuto errata la scelta, assunta ben prima del dicembre 2007, di ennesima scissione e di costruzione di una organizzazione autonoma. Se di questa condivido l’orizzonte culturale e molte posizioni, mi pare impossibile, oggi, nonostante volontà ed impegno, dare vita ad un partito, frontecon posizioni così modeste e in un quadro talmente sfavorevole.

Ho sostenuto, con pochi/e altri/e, la necessità di raccogliere tutte le posizioni critiche interne/esterne a Rifondazione per salvare questa organizzazione e ripensare ad una autentica “ripartenza”.

La drammatica sconfitta dell’Arcobaleno alle politiche del 2008, il documento Comunisti uniti (17 aprile 2008), il risultato del congresso di Chianciano hanno fatto sembrare possibile questo percorso.

L’adesione ed il sostegno attivo (congressi di circolo, di federazione, assemblee) al documento nasceva da:

  •  necessità di intrecciare percorsi, culture, letture tra loro diversi (come nella prima Rifondazione)
  •  certezza che la gravità- per tutti/e- della sconfitta imponesse l’abbandono di dogmi, false sicurezze, rendite di posizione e l’obbligo di buttarsi in un percorso di ricostruzione “senza rete”
  •  possibilità di amalgamare le diverse “storie” in un lavoro e in una riflessione comuni
  •  riproposta di una organizzazione, basta sulla unità e autonomia delle forze comuniste, ma nel continuo e dialettico rapporto con associazioni, gruppi, movimenti, realtà locali

In questo quadro, ho sperato che il documento non fosse solamente un raccogliticcio cartello congressuale, , destinato a dissolversi già nelle giornate di Chianciano, ma divenisse una tendenza capace di proposta politica, di iniziativa culturale, di interlocuzione (siti, rivista, convegni, seminari...).

Per questo, nonostante le polemiche e divisioni emerse già nel congresso, ho proposto (idealisticamente), con altri/e, un incontro nazionale (almeno dei/delle componenti il CPN) nell’autunno 2008 che tentasse almeno di coordinare atteggiamenti in CPN, verso la segreteria, posizioni comuni almeno nei regionali e nelle principali federazioni.

Così non è stato (ed era, realisticamente, impossibile anche solo tentarlo).

La mozione, con il suo misero 7%, si è divisa, di fatto, in quattro sottocomponenti: Sinistra comunista, Ernesto, Controcorrente, gli ex circoli autoconvocati, per quanto aderenti a Sinistra comunista.

E’ inutile ripetere qui le singole posizioni.

Sta di fatto, però, che:

  •  l’unità dei comunisti sia rimasta al palo e non abbia fatto passi in avanti
  •  così pure la riproposizione di una sinistra alternativa, in continua tensione tra spinte contrapposte
  •  manca una precisa definizione di un nostro progetto politico e anche di una fisionomia culturale. “In basso a sinistra” e il “partito sociale” sono fondamentali, ma non sufficienti
  •  il bipolarismo è introiettato dagli elettori e non si scalfisce (Lombardia e Campania insegnano) se non con alleanze e un disegno strategico non episodico
  •  a un ritorno all’impegno e all’organizzazione di alcune realtà, fanno riscontro un drammatico crollo nel tesseramento e la totale cancellazione da ogni organo di informazione (ognuno/a lo ha verificato nell’ultima frenetica campagna elettorale)
  •  paghiamo la rottura con elementi di base sociali che ci hanno dato linfa per decenni (settori di fabbrica, scuola, sindacati, intellettualità, ambientalismo, pacifismo)
  •  siamo troppo deboli e “fuori moda” per affermare la semplice idea forza per cui la battaglia per la legalità (magistratura, Costituzione, informazione) e quella per i diritti sociali non possono non marciare unite. Il trionfo della destra, soprattutto in versione leghista, su settori maggioritari nelle fabbriche e nelle aree di ex insediamento operaio non è compreso da tanti/e che adorano Travaglio, Santoro, Grillo e potenzialmente Vendola e leggono “Il fatto”.

La frammentazione dei singoli pezzi dell’ex terzo documento ha impedito una sufficiente pressione su alcune scelte della segreteria, la proposta di una alternativa, l’interlocuzione con settori esterni. Ad ogni CPN, la presentazione di documenti rischia di diventare rituale.

Chi non ha una collocazione precisa, come purtroppo mi accade, fa la fine del vaso di coccio (o la figura del cretino) e non può che astenersi, come mi è accaduto negli ultimi due casi.

Continuo a credere che rilanciare un autentico processo di ricostruzione/rifondazione avrebbe dovuto significare ripartire da capo dopo le sconfitte, dare vita ad un cantiere anche composito, allacciare rapporti reali tra la necessità di ricostruzione di un partito con linea, finalità, struttura e la sua capacità di aprirsi alle grandi emergenze (ambiente, pensiero di genere, radicalismo religioso, nodi pace/guerra, nord/sud) che erano alla base della stagione culminata con Genova (luglio 20019.

Questo lavoro avrebbe anche dovuto significare non abiurare, ma rileggere tanti nodi della nostra storia (democrazia, “socialismo reale” e suo scacco, questione del governo).

Su questi nodi ho proposto, in precedenti CPN, convegni nazionali su:

  •  globalizzazione, imperialismo, internazionalismo, nord/sud del mondo
  •  ecologia politica e necessità di una posizione di classe
  •  pensiero di gener
  •  radicalismo cristiano (e non solo).

Queste iniziative avrebbero dovuto riproporre rapporti e terreni di discussioni a tanti/e che ci hanno abbandonati per la nostra disastrosa esperienza governativa e a quanti non si sono chiusi nella specificità dei singoli temi, ma sentono il bisogno di una dimensione organizzativo- politica.

Ho proposto anche (e lo ripropongo pensando alle interlocuzioni costruite in Lombardia e in Campania) di strutturare i rapporti con settori di intellettualità che non possono limitarsi ad un appello elettorale (che ogni anno vede dolorose defezioni).

Questo dovrebbe essere strumento di un grande lavoro teorico, non accademico, che legato ad un impegno sociale (per evitare equivoci, quello centrale e di maggiore importanza) e al lavoro organizzativo costituiscono le tre gambe su cui può e deve lavorare una forza comunista, non nostalgica, ma alternativa.

 

Potrei continuare ad annoiarvi, ma ripeterei modeste considerazioni, credo inutili, già svolte.

Le dimissioni, legate ai problemi logistico- personali sopra ricordati, mi paiono l’unica scelta logica e conseguente.

Chiedo a tutti di insistere per una immediata mia sostituzione con la persona di Claudio Bettarello che ben conoscete.

 

Vi ringrazio e saluto.